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Anatomia - Clitoride

 Dal gennaio del 2017, alcuni e alcune studenti francesi avranno a disposizione per le lezioni di educazione sessuale un modello anatomico e tridimensionale di una clitoride. Il modello è stato inventato e realizzato dalla ricercatrice indipendente Odile Fillod con una stampante 3D: è libero da diritti e può essere scaricato online in modo che chiunque abbia accesso a una stampante 3D, insegnanti ed educatori sessuali innanzitutto, possano farne una copia. Sembra infatti che anche sulle informazioni più semplici (che forma ha una clitoride e quanto è grande) moltissime donne e moltissimi uomini abbiano idee piuttosto vaghe.

A questa ignoranza partecipano e contribuiscono retaggi delle molte false credenze circolate per secoli intorno alla sessualità femminile ma anche luoghi comuni, definizioni sbagliate, rappresentazioni assenti o incomplete e, infine, i libri di scienze delle scuole evidentemente poco interessati all’unico organo del corpo umano dedicato esclusivamente al piacere.

L’anatomia della clitoride non è certamente rimasta oscura e sconosciuta finora. Ma è un fatto che la maggior parte degli uomini e anche delle donne non abbiano alcuna idea anatomica di come sia fatta questa parte dell’apparato genitale.

La ricercatrice Odile Fillod ha realizzato il suo modello – che riproduce la clitoride in scala reale e che è grande dunque 10 centimetri circa – dopo aver lavorato a un video con i creatori di una web TV anti-sessista, scoprendo che la clitoride non era mai stata rappresentata in modo corretto nei libri di testo disponibili nelle scuole. Lo scorso giugno l’Haut Conseil à l’Egalité (HCE), un ente del governo francese che controlla e fa proposte sulla parità di genere nella politica, nell’economia, nella cultura e nella società, aveva scritto nel suo rapporto sullo stato dell’educazione sessuale nel paese che un quarto delle ragazze di 15 anni non sapeva nemmeno di avere una clitoride e che l’83 per cento ne ignorava comunque la funzione.

In Italia non esistono studi in materia ma nessun indizio fa pensare che la situazione sia migliore della Francia, anzi: al di là di singoli progetti locali, l’Italia è uno di quei paesi dell’Unione Europea a non aver ancora reso obbligatorio nelle scuole l’insegnamento dell’educazione sessuale. I paesi che non l’hanno fatto sono una minoranza. Al di là delle informazioni corrette sui propri organi genitali, fare educazione sessuale a scuola – come ha scritto l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e come è spiegato bene qui – incide favorevolmente sul numero delle gravidanze indesiderate, su quello delle malattie trasmesse sessualmente, sugli episodi di abusi sessuali, sugli stereotipi e sulle discriminazioni basate sull’orientamento di genere e sull’orientamento sessuale.

Per farsi un’idea reale di come sia fatta la clitoride, nemmeno i dizionari sono di aiuto. L’Oxford Dictionary la descrive come «small, sensitive, erectile part of the female genitals at the anterior end of the vulva». Una “piccola parte” dell’organo genitale femminile, sensibile ed erettile, che non si sa bene a cosa serva. Nel definire il pene lo stesso dizionario non fa alcun riferimento alla dimensione (che poi nei fatti è assimilabile a quella di una clitoride) e ne spiega sommariamente la funzione. In questa scheda per le scuole dello Zanichelli sugli organi genitali esterni femminili – ma esistono molti esempi simili – la clitoride viene mostrata solo nella sua parte visibile e non c’è alcuna informazione o scheda che dica come sia fatta anche all’interno. Questo vale per la maggior parte delle immagini stampate nei libri di scienze delle scuole medie e superiori nei capitoli dedicati all’apparato genitale femminile. Nelle spiegazioni che accompagnano le immagini, poi, spesso non si trova proprio alcun riferimento alla clitoride. La clitoride insomma è o totalmente ignorata o scarsamente rappresentata; e se lo è, compare come un piccolo “semino”.

Descrizioni della clitoride si trovano in alcuni trattati dell’antichità e in quelli degli anatomisti europei del Sedicesimo secolo. Una prima rappresentazione più chiara e schematica la diede però l’anatomista tedesco Georg Ludwig Kobelt nel 1844, ricordato soprattutto per i suoi studi dell’anatomia dell’apparato genitale. Il lavoro di Kobelt venne ripreso nel 1998 da Helen O’Connell, prima donna australiana a laurearsi in urologia. O’Connell viene considerata la prima persona al mondo ad aver dato una descrizione anatomicamente accurata della clitoride. 

Nella donna, come nell’uomo, esistono organi erettili: la clitoride, omologa al pene maschile, e i bulbi del vestibolo, omologhi al corpo cavernoso dell’uretra maschile cioè al tessuto spugnoso che circonda l’uretra del pene. Nel modello di Odile Fillod i bulbi sono quelli in rosa scuro. La clitoride si trova sulla parte anteriore della vulva, esattamente dove si uniscono le piccole labbra.

La clitoride si può dividere in tre: le due radici, il corpo e il glande. Le radici hanno forma cilindrica, sono simmetriche e avvolgono la vagina. Verso l’alto le radici si uniscono alla sinfisi pubica (cioè all’articolazione che sta tra le due ossa pubiche) in una forma che nei libri di anatomia viene definita “impari”. Vuol dire che sta in posizione mediana e che non è su entrambi i lati: le due radici, insomma, si uniscono. Questa formazione impari è il corpo della clitoride che si sviluppa verso l’alto e in avanti e che poi si piega bruscamente verso il basso e all’indietro (è l’angolo della clitoride). Il corpo termina con una formazione leggermente rigonfia, il glande, che è rivestito da un sottile strato di pelle che dipende dalle piccole labbra. Le radici e la parte posteriore del corpo non si vedono, sono interne. La maggior parte della clitoride si trova dunque all’interno del corpo della donna, fuoriuscendo solamente per un piccolo tratto. All’interno dell’apparato femminile la clitoride può arrivare a 10 centimetri di grandezza. È un organo molto ricco di terminazioni nervose e, se stimolato, può portare la donna all’orgasmo. 

Della funzione della clitoride e della sua evoluzione nel tempo si sa molto poco: non ha alcuna funzione nella riproduzione, e questo potrebbe spiegare in parte il fatto che non susciti interesse. Ma potrebbe esserci anche qualcosa di più.

Lo scorso Giugno, sempre nel suo rapporto sullo stato dell’educazione sessuale in Francia, l’Haut Conseil à l’Egalité ha mostrato come le linee guida e i testi di educazione all’affettività fossero pieni di riferimenti sessisti: dicono per esempio che mentre i maschi sono più «concentrati sulla sessualità genitale», le ragazze «attribuiscono più importanza all’amore», in una specie di circolo vizioso in cui non si insegna loro che c’è una parte del corpo sulla quale potrebbero decidere o scegliere di concentrarsi a loro volta.

Alcune femministe della cosiddetta “seconda ondata” (fine anni Sessanta) individuavano alle origini del patriarcato (cioè del predominio dei maschi e della subordinazione delle donne) non lo sfruttamento economico e neppure l’esclusione dai diritti politici, ma la supremazia nella sfera della sessualità e della riproduzione: una differenza biologica, anatomica, fisiologica, “sessuale” nel senso letterale della parola, era stata insomma trasformata dagli uomini con tutti i mezzi possibili (fino alla violenza, cioè allo stupro) in una differenza di ruoli sociali e familiari, cioè di “genere”. La risposta di queste femministe fu dunque rompere l’ultima barriera che, secondo loro, impediva alle donne una piena liberazione: la barriera della “servitù” sessuale e dei suoi schemi prestabiliti che erano stati costruiti, semplificando, su un preciso modello: piena attività dell’uomo, vuota passività della donna.

La prima fondamentale condizione della liberazione della donna consistette quindi nella separazione della sessualità dalla riproduzione. Anne Koedt, attivista statunitense, nel 1970 pubblicò un saggio di grande successo per il movimento delle donne: “Il mito dell’orgasmo vaginale”. Il libro era un attacco frontale alla principale tesi di Freud sulla “crescita” della donna, la tesi cioè dei due orgasmi femminili: al primo, quello clitorideo, la donna arriva con la masturbazione fino all’adolescenza; il secondo, quello vaginale, la donna lo raggiunge soltanto con la penetrazione del pene maschile. La tesi di fondo di Freud era abbastanza chiara: la donna diventa “completa” e si libera dall’infanzia quando abbandona l’orgasmo clitorideo, che la trattiene invece nella fase adolescenziale, e viene portata all’orgasmo vaginale dalla penetrazione di un uomo. Nel suo libro Koedt si dedicò a questo mito e alla sua demolizione affermando che la frigidità della donna non dipendeva da lei, ma dalla pretesa freudiana e genericamente maschile di provocare un orgasmo e una risposta “gratificante” spesso in un luogo dove l’orgasmo non poteva avvenire. E questo pensando solamente al proprio piacere di uomo che si può ottenere nella maniera più facile e veloce: masturbandosi dentro a una donna, diceva Koedt. L’orgasmo clitorideo poteva invece per Koedt rappresentare una grave minaccia per gli uomini: diventare sessualmente superflui.

Una delle più importanti femministe italiane, Carla Lonzi, nel 1971 pubblicò “La donna vaginale e la donna clitoridea”: sosteneva che fosse stato l’uomo, per ragioni di dominio, a imporre il modello di piacere vaginale che aveva reso la donna dipendente dalla procreazione e dal piacere maschile. Lonzi si spingeva oltre Koedt descrivendo una donna vaginale e una donna clitoridea (cioè, simbolicamente, una donna addomesticata e una liberata):

«Il sesso femminile è la clitoride, il sesso maschile è il pene.

Nell’uomo il meccanismo del piacere è strettamente connesso al meccanismo della riproduzione, nella donna meccanismo di piacere e meccanismo della riproduzione sono comunicanti, ma non coincidono.

Avere imposto alla donna una coincidenza che non esisteva come dato di fatto nella sua fisiologia è stato un gesto di violenza culturale che non ha riscontro in nessun altro tipo di colonizzazione.

La cultura sessuale patriarcale, essendo rigorosamente procreativa, ha creato per la donna un modello di piacere vaginale.

La donna clitoridea non ha da offrire all’uomo niente di essenziale, e non si aspetta niente di essenziale da lui. Non soffre della dualità e non vuole diventare uno. Non aspira al matriarcato che è una mitica epoca di donne vaginali glorificate. La donna non è la grande-madre, la vagina del mondo, ma la piccola clitoride per la sua liberazione».

Anche Lonzi, comunque, sottovalutava l’anatomia. La “quarta ondata” del femminismo, quella attuale, ha saputo riprendere alcune di queste tesi alleggerendole dai toni del tempo e non cambiando la sostanza: continuando dunque ad affermare il diritto, per la donna, a una sessualità slegata dalla funzione riproduttiva e materna. Il gruppo femminista francese Osez Le Féminisme è stato fondamentale per esempio nel chiedere che si parlasse nelle scuole (e in generale) della sessualità delle donne; già nel 2011 aveva lanciato la campagna “Osez le clitoris”. A Nizza il gruppo di femministe Les Infemmes ha creato una fanzine ironica chiamata L’Antisèche du Clito. Qualcuna ha fatto anche dei gioielli a forma di clitoride.

 

Sapere come è fatta una clitoride smonta una serie di luoghi comuni che hanno represso la sessualità femminile per secoli. Confuta innanzitutto il fatto che la clitoride sia come un “semino”, cioè piccola (se vogliamo restare nella metafora assomiglia piuttosto a un tulipano; qualcuna ha suggerito che questo emoji sarebbe perfetto). E questo non certo per partecipare alla gara sulle dimensioni del proprio organo sessuale, ma per superare le rappresentazioni disuguali e sbilanciate della sessualità e del desiderio. L’organo sessuale femminile non è un’assenza o un vuoto rispetto a quello maschile: entrambi gli organi hanno la stessa origine embrionale, contengono gli stessi tipi di tessuto, funzionano allo stesso modo e svolgono un ruolo simile nel piacere sessuale.

Un’altra idea molto diffusa che si rivela falsa è che la vagina sia l’equivalente femminile del pene. Invece lo è la clitoride. Non sarebbe difficile dare una spiegazione di questo tipo, logica e fattuale, fin dall’inizio: “I bambini hanno il pene, le bambine hanno la clitoride. Una clitoride è come un pene interno, un pene è come una clitoride esterna”.

Il maggiore vantaggio riguarda però il fatto che sarebbe possibile fare (fin dalle scuole, per quanto riguarda il caso francese) una discussione demistificata sull’orgasmo femminile, che ancora oggi molti ricercatori studiano per cercare di capire se serva a qualcosa e a cosa. Sarebbe possibile anche aumentare la consapevolezza sul piacere femminile, spesso ignorato: le ragazze potranno pensarsi già all’inizio della loro vita sessuale come soggetti pienamente attivi. A proposito del suo modello, Odile Fillod ha spiegato che sarà «importante per le giovani donne avere un’immagine mentale di ciò che sta realmente accadendo nel loro corpo quando sono stimolate. Comprendere il ruolo chiave della clitoride significherà infine per alcune donne liberarsi dal senso di vergogna o dal pensiero di essere anormali se il rapporto di penetrazione per loro non è soddisfacente».

Giulia Siviero

https://www.ilpost.it/2016/09/20/la-clitoride-spiegata-bene/